Micetti #05 - Ready Player 2
Il Sudafrica si presenta alla contesa e improvvisamente i Lions non sembrano più così galattici
Un caloroso bentornati su Micetti, la newsletter italiana sui British & Irish Lions che si preannuncia assai densa di contenuti in questa edizione.
Mancano solo 14 giorni alla prima partita della squadra di Warren Gatland, ma negli scorsi quattordici sono successe davvero tante, tante cose. Andiamo quindi con ordine e pensiamo prima di tutto alle news.
Il Sudafrica ha convocato 46 giocatori.
Improvvisamente la selezione dei 37 Lions operata da Warren Gatland e dal suo staff non è più sembrata così stellare dopo che gli Springboks hanno diffuso la propria lista di convocati.
Un gruppo molto ampio che affronterà insieme la preparazione alla serie contro i Lions riunendosi dopo la finale di Rainbow Cup del prossimo 19 giugno e sfidando per due volte la Georgia nelle prime due settimane di luglio.
Una parte di questi 46 verrà selezionata per giocare proprio contro i Lions sotto le insegne del Sudafrica A il 14 luglio. Dopo la partita verranno tagliati circa una decina di giocatori, lasciando in gruppo solo chi effettivamente si giocherà poi un posto in campo nella serie vera e propria.
In gruppo ci sono 29 campioni del mondo: esclusi i ritirati (Mtawarira, Brits e Louw) e l’infortunato Warrick Gelant, c’è tutta la squadra della RWC 2019. Ci sono inoltre 8 esordienti assoluti e tanti giocatori che militano in Europa.
C’è Morné Steyn, 36 anni, che fu l’autore del calcio decisivo da dietro la metà campo nel secondo test di 12 anni fa fra Lions e Sudafrica, quello che diede la vittoria agli Springboks.
C’è François Steyn, 34 anni, che in caso di vittoria della serie potrebbe diventare il primo giocatore di sempre a vincere due mondiali e a battere due volte i Lions.
Non c’è Marcell Coetzee, ed è la sorpresa più grossa. Il numero 8 di Ulster potrebbe essere aggiunto alla squadra in un secondo momento, dopo aver dimostrato di che pasta è fatto mettendo insieme minuti per i Bulls, di cui sarà capitano già sabato sera nella '“semifinale” di Rainbow Cup contro gli Sharks, la sua vecchia franchigia.
Duane Vermeulen si è infortunato.
Il 34enne numero 8 si è dovuto sottoporre ad operazione chirurgica per aggiustare le cose all’interno della sua caviglia solo poche ore dopo essere stato convocato fra i 46. Lo aspetta un tour de force per riuscire ad esserci per la serie: ha solo 7 settimane di tempo. La sua perdita sarebbe enorme per Erasmus e Nienaber, sia dal punto di vista tecnico che di leadership.
Vermeulen non è l’unica preoccupazione dello staff. A Limerick Damian de Allende e RG Snyman hanno avuto la brillante idea di buttare della benzina sul barbecue che stavano facendo insieme a CJ Stander. Il barbecue è esploso e loro si sono fatti delle brutte ustioni. Dovrebbero recuperare, ma il punto è quando riusciranno ad essere operativi in campo.
Makazole Mapimpi, l’ala venuta dal niente e diventata stella della Rugby World Cup, è stato invece fermato in via precauzionale e non giocherà con gli Sharks per un problema al polpaccio.
Andrew Porter è il primo Lion a dover abbandonare il tour, viene sostituito da Kyle Sinckler.
Andrew Porter è la prima vittima in casa Lions, invece. Il pilone del Leinster, fondamentale alternativa dalla panchina a Tadhg Furlong, si è infortunato a un dito del piede nella partita persa dalla sua franchigia contro Glasgow in Rainbow Cup.
Sfortunato e sfortunati anche i Lions, che devono rinunciare a uno dei piloni destri più forti d’Europa.
Warren Gatland può però sentirsi tranquillo perché in suo soccorso arriva uno dei grandi esclusi delle convocazioni, Kyle Sinckler. Il pilone inglese è determinato a dimostrare al neozelandese di essersi sbagliato e può essere una aggiunta importante alla squadra. Nel 2017 il suo ruolo dalla panchina fu fondamentale contro gli All Blacks.
Gli arbitri del tour.
Nic Berry, Ben O’Keeffe e Mathieu Raynal. Un australiano, un neozelandese e un francese, per essere imparziali.
Sono questi i nomi della terna arbitrale che si alternerà alla direzione delle tre gare fra Lions e Springboks, ruotando nei vari ruoli di campo.
Pascal Gauzere si occuperà invece della partita del prossimo 26 giugno, Lions-Giappone.
Andy Farrell dovrebbe raggiungere la compagnia.
Il capo allenatore dell’Irlanda Andy Farrell dovrebbe raggiungere i Lions in tempo per gli ultimi due warm-up matches e prima della serie contro gli Springboks.
Farrell aveva declinato un ruolo nello staff dei British & Irish Lions del 2021 per mantenere i propri impegni con l’Irlanda, che sembrava dovesse andare in tour alle Tonga e a Fiji.
Invece la nazionale del Trifoglio giocherà in casa due test estivi a luglio, lasciando libero Farrell di unirsi poi al gruppo tecnico dei micetti. Farrell è stato l’allenatore della difesa dei Lions nel 2013 e nel 2017, ma bisognerà vedere come sarà integrato nel gruppo di lavoro visto che il ruolo è stato assegnato a Steve Tandy.
Storie di Leoni: 13, il Leone sfortunato
In alcune culture orientali il numero 4 è considerato tabù, per via della somiglianza fra la pronuncia della parola che corrisponde a quattro e quella per dire morte.
Per questo motivo nei palazzi di Pechino, Seoul o Tokyo non troverete il quarto piano, e in alcuni casi nemmeno il quattordicesimo.
Una sorta simile a quella che ha avuto in Occidente il numero 13: una irrazionale stigmatizzazione della quale potete leggere maggiori dettagli sotto la pagina Wikipedia relativa alla triscaidecafobia.
Dalle parti di Dublino, però, sostengono che ci sia una ragione sola per cui il tredici aleggia come un’inquietante spettro in giro per l’Europa e quella ragione, semplicemente, è Brian O’Driscoll.
Se sia colpa del 13 che ha portato sulla schiena o del 4, come il numero dei tour dei British & Irish Lions dei quali ha fatto parte, non è dato sapere ma per un giocatore così blasonato, il miglior irlandese di sempre, una delle colonne della storia recente di questo sport, Brian O’Driscoll è stato un leone (un micetto) sfortunato.
Certo, ha fatto cose strepitose in maglia rossa. In particolare tre.
La meta clamorosa segnata contro l’Australia nel 2001, a 22 anni, con quel cambio all’interno abbagliante che lascia Joe Roff ad acchiappare farfalle.
Il placcaggio a Danie Roussow nel tour del 2009 in Sudafrica, lasciando scosso e tramortito il gigantesco utility forward in un match caldissimo di una serie in cui gli Springboks menavano per davvero.
Il match di pugilato negli spogliatoi contro Austin Healey, sempre nel 2001 in Australia, per difendere Ronan O’Gara dalla perniciosa goliardia dell’inglese. E pare che tutti gli altri tifassero per lui, contro l’insopportabile Healey, che per inciso ne prese di santa ragione.
Nel 2001 le cose non andarono benissimo: dopo la prima convincente vittoria nel primo Test l’Australia campione del mondo fu in grado di ribaltare la serie e vincere. Lo spogliatoio era spaccato, lo staff criticato, l’atmosfera non così entusiasmante.
Nel 2005 O’Driscoll era il capitano della spedizione dei Lions in Nuova Zelanda. Annunciata in pompa magna dopo la vittoria del mondiale da parte dell’Inghilterra, la selezione finì per schiantarsi contro una delle squadre All Blacks con un gap rispetto alla concorrenza più ampio di sempre.
E per di più il tour del capitano si spense dopo 90 secondi dall’inizio del primo Test della serie, messo fuori combattimento da un doppio placcaggio omicida di Tana Umaga e Keven Mealamu che ancora oggi grida vendetta.
Nel 2009 O’Driscoll era tornato al massimo dei propri poteri: anche se non aveva forse la leadership evidente di quel gruppo che sfidò gli Springboks campioni del mondo, era uno degli esempi morali, come quel pericoloso placcaggio a Roussow dimostra.
Era anche uno dei leader tecnici, una pedina inamovibile di una backline in cui la coppia di centri formata da lui e Jamie Roberts era il fulcro del gioco offensivo della squadra.
Entrambi uscirono dal campo per infortunio in quel secondo, maledetto Test: una delle partita più belle, intense e feroci del rugby moderno, uno dei miti fondativi dei Lions contemporanei. La quasi contemporanea uscita del gallese e dell’irlandese, terzo e quarto cambio per infortunio di quella partita, segnò il graduale naufragio degli ospiti, chiusa poi dal suicidio sportivo di Ronan O’Gara. O’Driscoll non giocò il terzo test del 2009 per concussion, subita proprio per quel violento colpo dato a Danie Roussouw.
Non fu per infortunio, invece, che Brian O’Driscoll rimase fuori dall’ultimo, decisivo Test del tour del 2013 in Australia, l’ultimo della sua carriera.
Immaginate la situazione: il miglior giocatore della sua generazione, a 34 anni, dopo aver giocato da titolare le prime due sfide contro i Wallabies e in predicato di scendere in campo per la terza con la fascia di capitano dopo lo stop per infortunio a Sam Warburton, viene avvicinato alle macchinette automatiche del caffè da due loschi figuri, il mercoledì prima della partita.
Quello tarchiato coi capelli bianchi è Warren Gatland, quello smilzo e affilato, stempiato e con i capelli grigi è Rob Howley, l’allenatore dell’attacco.
Brutto segno: non servono due persone per dare una buona notizia.
E infatti non lo è: gioca Jonathan Davies, in panchina va Manu Tuilagi, dice Gatland. Bofonchia qualcosa sulle ragioni della sostituzione, ma O’Driscoll ha già smesso di ascoltare e il coach kiwi sa che le parole, in quel momento, non sono poi così importanti, con buona pace di Nanni Moretti.
Quel che importa è che la persona Brian O’Driscoll ha poi saputo seppellire l’ascia di guerra. Ha superato la delusione vincendo un altro Sei Nazioni con l’Irlanda prima di ritirarsi, non serba rancore per Gatland né per Tana Umaga e il suo spear tackle.
Lo ha dimostrato quattro anni fa, entrando nella sala riunioni dell’albergo di Auckland la sera precedente il primo Test fra Lions e All Blacks per consegnare le maglie alla squadra.
“Quando Gats mi ha chiesto di parlarvi - ha detto alla classe del 2017 - ho pensato: che onore incredibile… avrei preferito che mi facessi giocare l’ultima partita quattro anni fa.”
Ma intanto era lì, con la sua giacca e la polo, a parafrasare lo zio Ben dell’Uomo Ragno: “Da grandi opportunità deriva la possibilità di fare qualcosa di importante”.
La formazione che vorrei vedere contro il Giappone
Chiudiamo con un XV dei sogni per la prima partita dei British & Irish Lions in questo 2021.
Non la formazione che credo Gatland metterà in campo, ma quella che sarebbe bello scendesse sul terreno di gioco per farci divertire in una partita che promette di essere giocata ad alta intensità, rapidamente, continuamente e con un alto volume di ball-in-play.
Lions: 15 Stuart Hogg, 14 Anthony Watson, 13 Elliot Daly , 12 Robbie Henshaw, 11 Louis Rees-Zammit, 10 Finn Russell, 9 Gareth Davies, 8 Sam Simmonds, 7 Justin Tipuric, 6 Taulupe Faletau, 5 Johnny Hill, 4 Maro Itoje, 3 Tadhg Furlong, 2 Luke Cowan-Dickie, 1 Rory Sutherland
Adesso non ci resta che attendere: Micetti torna nelle vostre caselle di posta elettronica (ok, boomer) la mattina del 26 giugno 2021, a 6 ore dalla prima partita dei British & Irish Lions.