Micetti #01 - la WarrenGang
Scelto lo staff, Gatland ha chiesto a tutti i colleghi una lista di 36 giocatori da portare in Sudafrica
Ciao a tutti,
mancano 77 giorni alla prima partita del tour in Sudafrica.
Il capo allenatore dei British & Irish Lions Warren Gatland ha compiuto il primo passo verso la composizione della squadra che andrà in Sudafrica l’estate prossima: ha scelto i membri dello staff che lo accompagneranno nella selezione e nella preparazione della squadra alle sfide che dovranno affrontare nella Rainbow Nation.
Queste prime nomine non hanno lesinato sorprese: intanto perché rispetto a quattro anni fa Gatland ha scelto di aggregare un assistente in meno; poi perché nel gruppo tecnico non c’è nessun membro dello staff della nazionale inglese, cosa che non accadeva dal 1997; infine perché non ci sono tanti dei nomi più attesi, come quelli di Andy Farrell, Steve Borthwick e Graham Rowntree, tutti membri della spedizione in Nuova Zelanda del 2017.
Gatland ha detto che l’assenza di Andy Farrell era chiara da tempo. Il CT dell’Irlanda continuerà a fare il proprio lavoro da capo allenatore dei Trifogli in estate, quando forse affronteranno un tour delle isole del Pacifico.
Sembrano invece rinunce dell’ultimo minuto quelle di Borthwick e Rowntree, che avrebbero declinato la proposta del capo allenatore di riunire la vecchia band solo una settimana prima l’annuncio dello staff.
Ma ciancio alle bande e vediamo chi sono i tecnici scelti per vestire il rosso dei British & Irish Lions.
Gregor Townsend compirà 48 anni fra dieci giorni. È il capo allenatore della Scozia e il suo coinvolgimento nello staff era cosa nell’aria da giorni. Si occuperà dell’attacco, l’ambito specifico di cui si occupa anche all’interno delle mansioni di campo dello staff scozzese. Da giocatore Townsend è stato una leggenda della Scozia anni Novanta: esordio in nazionale nel 1993 a 19 anni, poi un anno di gavetta prima di ritrovare la nazionale nel ‘94 e giocare 35 partite consecutive. È stato l’apertura titolare dei Lions del ‘97, l’ultima spedizione vincitrice in Sudafrica, e ha segnato una meta in ogni partita del Cinque Nazioni 1999, l’ultimo trofeo vinto dalla Scozia. In carriera ha giocato un po’ dovunque: cresciuto nel Gala, club amatoriale scozzese di Galashiels, è passato al professionismo nel ‘95 in Inghilterra, con i Northampton Saints, prima di giocare con Brive, Castres e Montpellier in Francia, due parentesi con la defunta franchigia scozzese dei Border Reivers e, per non farsi mancare nulla, anche un anno di Super Rugby con gli Sharks in Sudafrica. La carriera da allenatore lo ha visto scalare dal basso le gerarchie della federazione scozzese: prima assistente della Scozia A, quindi assistente della nazionale maggiore, poi capo allenatore ai Glasgow Warriors e infine head coach della Scozia dal 2017.
Dopo due anni deludenti culminati nell’eliminazione nella fase a gironi ad opera del Giappone alla Rugby World Cup, Townsend ha saputo recuperare le redini della squadra e da dopo il mondiale la Scozia sembra essere tornata su una traiettoria di crescita, come certificano le vittorie a Londra e a Parigi del Sei Nazioni 2021.
Steve Tandy sarà l’allenatore della difesa. Anche lui fa parte dello staff della Scozia, anche se è gallese. La sua è la storia di riscatto all’interno del gruppo: divenuto noto come tecnico per il suo lavoro agli Ospreys, squadra che aveva rappresentato da giocatore, Tandy era stato cacciato dopo una serie di risultati deludenti. Si è rifatto una carriera in Australia, lavorando con i Waratahs nel 2018 e nel 2019, prima di unirsi alla Scozia dopo la Rugby World Cup prendendosi cura della difesa.
Tandy è additato come uno dei maggiori responsabili del miglioramento della Scozia, squadra che ha avuto di gran lunga la miglior difesa nel Sei Nazioni 2020 e che è stata la seconda miglior difesa dell’edizione 2021 per soli 3 punti.
Robin McBryde è l’allenatore degli avanti del Leinster campione del Pro14, è stato l’allenatore degli avanti di Gatland nello staff del Galles, è sarà l’allenatore degli avanti di questi Lions. Nonostante le indiscrezioni della stampa sulla preferenza di Gatland per riportare a bordo sia Borthwick che Rowntree diano l’impressione che McBryde sia una seconda scelta, il suo curriculum è lì a testimoniare l’eccellenza del tecnico.
Gallese, 50 anni, prima di fare il rugbista di professione ha fatto il tecnico delle reti telefoniche: riparava i pali da cui passano i cavi delle telecomunicazioni. Nel 1992 McBryde ha vinto il titolo di Wales’ strongest man. Ha giocato per gli Scarlets, per il Galles e per i Lions nel 2001, anche se un infortunio lo ha costretto a fermarsi prima di potersi giocare un posto per i test veri e propri. Dal 2007 è Portatore della Grande Spada del Gorsedd della National Eisteddfod of Wales: in pratica sorregge una spada gigante durante il più importante festival di poesia e canto dei bardi moderni in lingua gallese, ai quali partecipano migliaia di persone in Galles. Ha ereditato il ruolo da un’altra grande leggenda del rugby gallese, Ray Gravell.
Neil Jenkins è l’unico rimasto del gruppo tecnico del 2017. C’era anche nel 2013 e nel 2009, all’epoca dello scorso tour in Sudafrica. Se da 12 anni questo signore si occupa delle kicking skills dei British & Irish Lions, oltre a farlo per il Galles dal 2004, è perché è stato probabilmente il miglior calciatore della storia del gioco nei suoi playing days. Nonostante la foto diffusa online, non è poi così vecchio: ha 49 anni. Nel 1999 ha preso il comando della classifica dei migliori marcatori della storia del rugby internazionale. Nel 2001 è diventato il primo giocatore a superare i 1000 punti in match internazionali. Si è ritirato nel 2003, a quota 1090. Ancora oggi è al terzo posto della classifica, superato solo da Jonny Wilkinson e Dan Carter. Owen Farrell sembra destinato a togliergli il podio: gli mancano 40 punti.
Secondo quanto emerso nella conferenza stampa per presentare lo staff, Gatland avrebbe chiesto agli altri 4 tecnici di presentargli le loro rispettive liste di 36 giocatori da portare in Sudafrica.
Sarà questo infatti il numero di convocati su cui sono orientati gli allenatori: un gruppo ridotto e flessibile, inevitabilmente influenzato anche dalle restrizioni dovute al coronavirus, che continua ovviamente ad aleggiare sul tour come uno spettro.
Nelle liste ci sarebbero stati intorno ai 25 nomi su cui tutti e 5 i componenti dello staff si sono trovati d’accordo, mentre l’altra decina variava in maniera significativa da un tecnico all’altro: alla fine i nostri hanno ridotto il tutto a una prima scrematura contenente 57 nomi di giocatori in ballo per la convocazione, alcuni dei quali non attualmente coinvolti nelle proprie nazionali di appartenenza.
Intermezzo
Storie di Leoni: 1888
Sarebbero diventati i Lions una quarantina di anni dopo la prima spedizione di una selezione britannica nell’emisfero australe. Per la storia ovale, però, quella organizzata da Alfred Shaw e Arthur Shrewsbury nel 1888 viene individuata come la spedizione che diede origine al mito dei Lions.
Nacque tutto da un impiccio economico: nel 1887 Shaw, Shrewsbury e il compagno d’avventure James Lillywhite, tutti e tre nazionali inglesi di cricket, organizzano un tour in Australia per la rappresentativa britannica, appunto, di cricket, in collaborazione con il Melbourne Cricket Club.
Il tour si rivela un disastro dal punto di vista finanziario, tanto che i tre, per cercare di porre riparo alle perdite e avendo visto quanto il football (definizione estensiva, sia chiaro) stia avendo successo presso la popolazione australiana, decidono di metter su una selezione ovale per un tour che li porti in giro per Nuova Zelanda e Australia, permettendogli di risanare le loro finanze.
Il 9 marzo 1888 la New Zealand Shipping Company si onorava della presenza a bordo della nave Kaikoura di una selezione di 22 giocatori, fra i quali solamente quattro avevano affrontato match internazionali. Uno di loro era il ventottenne Robert Seddon, che venne nominato capitano della spedizione.
La squadra era per la maggior parte formata da giocatori provenienti dal nord dell’Inghilterra e dalla classe operaia, visto che i giocatori di prima fascia (e aristocratici) snobbarono il tour, soprattutto dopo che la Rugby Football Union negò il sostegno ufficiale alla spedizione di Shaw e Shrewsbury a causa della loro decisione di pagare i giocatori. Uno di loro, Jack Clowes, ricevette 15 sterline dai due manager per acquistare degli indumenti da portare in tour: denunciato alla federazione da parte del presidente del Dewsbury, squadra battuta dall’Halifax di Clawes nella finale di Yorkshire Cup poche settimane prima, venne giudicato professionista dalla Rugby Football Union e radiato dal gioco.
Sfortuna volle che Clawes venisse a sapere del suo destino solo a bordo della Kaikoura, e non giocò nemmeno una partita delle 35 partite di rugby che la selezione disputò down under.
Aussie rules
Dopo quarantasei giorni di viaggio a bordo della Kaikoura, i 22 raggiungevano le coste neozelandesi e quindi Dunedin, dove disputarono la prima partita contro Otago, vinta per 8 a 3 in rimonta in un’era dove la meta contava per un solo punto mentre un calcio piazzato o un drop ne aggiungevano 3.
La squadra si arricchì nelle colonie australi della presenza di Andrew Stoddart, capitano dell’Inghilterra di cricket ma rugbista altrettanto capace, che nel 1890, tornato in madrepatria, avrebbe fondato la selezione a inviti dei Barbarians.
I nonni dei Lions vestivano con una divisa rossa, bianca e blu, e scesero in campo davanti a diecimila spettatori nel loro primo incontro. Pochi giorni dopo, dato il successo della partita precedente, le due squadre si incontrarono di nuovo e ancora i Lions riuscirono a portare a casa la partita per 4 a 3.
Gli English footballers, come erano stati soprannominati al tempo, giocarono un totale di nove partite in Nuova Zelanda, perdendone due e pareggiandone una. Nella quarta partita, contro Canterbury a Christchurch, venne segnata quella che è riconosciuta come la prima tripletta nella storia dei Lions, firmata Johnny Nolan, trequarti di Rochdale. Nel frattempo, l’estremo Tommy Haslam definiva, si dice, la finta di passaggio nel rugby.
La tappa successiva fu il New South Wales, con 5 partite giocate in 10 giorni e senza far registrare nessuna sconfitta, prima di passare in Victoria, dove a Melbourne una folla di gente attendeva i britannici alla stazione ferroviaria. Il tour rugbistico ebbe un considerevole stop, perché nel frattempo la selezione affrontò diverse partite di football australiano, allora conosciuto come Victorian football, un gioco rassomigliante il calcio gaelico, a metà strada fra rugby e calcio.
In tutto il tour, la selezione affrontò 18 partite di aussie rules, vincendone cinque, risultato comunque notevole per una squadra che era scesa nel continente australe per giocare un altro sport.
Un tragico agosto
L’esperimento con il football australiano si concluse in agosto, dopo che nell’ultima partita di luglio l’interesse di giocatori e pubblico per l’affascinante passaggio di codice fu evidentemente scemato, tanto che alcuni giocatori si presentarono al match contro Essendon completamente ubriachi.
Bere, fumare e cantare erano peraltro le principali attività a cui si dedicavano fuori dal campo i giocatori britannici, che bucarono le tasche di Shaw e Shrewsbury a forza di conti da saldare in osteria.
Nonostante il fitto calendario di impegni sportivi, i visitanti si concessero anche una battuta di caccia al canguro, nella quale il capitano Seddon rimediò un paio di pallini da caccia conficcati nella schiena. Questo non gli impedì comunque di scendere in campo qualche giorno dopo contro la University of Sidney, in un match vinto 8 a 4.
Fu tre giorni dopo che a Seddon accadde l’irreparabile: avventuratosi in canoa, solitario, lungo le rive del fiume Hunter, venne ritrovato annegato dai compagni di spedizione Jack Anderton e Andrew Stoddart.
La morte del capitano venne onorata dai club di Newcastle e Sidney, che finanziarono un memoriale per il capitano della spedizione, inaugurato poi nel 1889. Le operazioni sportive ripresero tre giorni dopo la morte di Seddon, avvenuta il 15 agosto, e i footballers non ne vollero sapere di perdere più una partita dopo la scomparsa dell’amico e capitano.
Lo scisma e il vil denaro
Dopo aver fatto di nuovo tappa in Nuova Zelanda, dove il tour si concluse con sette vittorie e tre pareggi nel mese di settembre, i britannici conclusero la spedizione. La nave che li riportava a casa attraccò in Inghilterra l’11 novembre: dopo otto mesi 21 giocatori tornavano a casa.
Uno in meno rispetto alla partenza, perché nel frattempo Harry Speakman, trequarti del Runcorn, decise di stabilirsi in Nuova Zelanda prima e in Australia poi, continuando a dedicarsi allo sviluppo del rugby e finendo per divenire non solo il capitano del Queensland, ma anche un improbabile membro dei New Zealand Natives.
Ironicamente, i Natives per cui giocò, oggi meglio noti come Maori All Blacks, avevano battuto la vecchia squadra di Speakman, il Runcorn, solamente poche settimane prima, in tour in Europa.
La Rugby Football Union decise di chiudere generosamente un occhio sui pagamenti, che furono evidentemente effettuati, ai giocatori per la loro presenza nel tour. A questi bastò firmare una sorta di autocertificazione giurata dove dicevano di non aver visto un soldo per tutta la durata della spedizione.
La federazione inglese, infatti, era in aperto contenzioso con coloro i quali desideravano che il tempo investito nello sport fosse retribuito, strada già intrapresa dalla Football Association, quella del calcio, già divenuta professionistica.
Per non opporsi alla stella di Stoddart, che aveva raggiunto enorme popolarità in Inghilterra, la RFU decise quindi di reintegrare tutti i giocatori, compreso il povero Jack Clowes, volendo almeno dare l’impressione di non discriminare i giocatori aristocratici dai minatori.
La frittata però ormai era fatta: l’interpretazione strettissima del dilettantismo portò i club del nord a una sempre più aperta ribellione nei confronti della federazione inglese, fino a che, nel 1895 ventidue club si staccarono dalla Rugby Football Union per fondare la Northern Rugby Football Union, quella che ad oggi è nota come Rugby League, la lega del rugby a XIII.
Due terzi dei club secessionisti erano i club che avevano fornito i giocatori per il primo, glorioso esperimento che sarebbe poi diventato il tour dei British & Irish Lions. Un esperimento dettato da nient’altro che il vil denaro, quello che poi Shaw e Shrewsbury finirono per perdere definitivamente, non avendo calcolato quanto potessero bere in sette mesi 22 rugbisti in gita.
36 nomi
Trentasei nomi sono piuttosto pochi. Se proviamo a immaginare come sarà composta la squadra, ci vorranno almeno 9 prime linee, 3 mediani di mischia e 3 mediani di apertura: sono ruoli specialistici dove il rugby contemporaneo offre poca flessibilità . Al massimo Warren Gatland potrà pensare di risparmiare un numero 10, affidando magari a uno Stuart Hogg la regia di qualche partita infrasettimanale, come peraltro già accaduto in passato, in Australia nel 2013.
Gli altri 21 giocatori, invece, si divideranno fra la linea dei trequarti e le seconde e terze linee, e qui invece la possibilità di adattarsi a più di un ruolo sarà cruciale.
Proviamo a fare un bilancio attuale della situazione ruolo per ruolo per provare a capire come potrebbe essere fatta la squadra che sarà svelata il prossimo 6 maggio.
Pilone sinistro
Rory Sutherland - Scozia
Wyn Jones - Galles
Ellis Genge - Inghilterra
Mako Vunipola - Inghilterra 🔻
Cian Healy - Irlanda 🔺Â
L’esclusione di Mako Vunipola farebbe rumore, ma per quanto visto durante il Sei Nazioni il pilone sinistro dell’Inghilterra meriterebbe ad oggi di rimanere fuori. In rialzo invece le quotazioni dell’esperto Cian Healy, che oltre a un buon Sei Nazioni sta facendo anche la sua porca figura con il Leinster, di cui continua ad essere il numero 1 titolare con un minutaggio fisso intorno ai 50 minuti
Tallonatore
Ken Owens - Galles
Luke Cowan-Dickie - Inghilterra
Jamie George - Inghilterra
Ronan Kelleher - Irlanda 🔺
George Turner - Scozia
Sembra difficile poter sfuggire da queste tre scelte per quanto riguarda la posizione di tallonatore. Kelleher si sta mettendo in mostra come un ottimo profilo: sarà sicuramente protagonista con la nazionale irlandese a breve, ma le sue incertezze al lancio lo sfavoriscono. Jamie George nonostante un brutto periodo dovrebbe farcela
Pilone destro
Zander Fagerson - Scozia
Tadhg Furlong - Irlanda
Andrew Porter - Irlanda
Kyle Sinckler - Inghilterra
Tomas Francis - Galles
La staffetta made in Dublino è un lusso difficile da trascurare, e probabilmente non lo sarà . Per il terzo posto da pilone destro Fagerson parte favorito in virtù di un Sei Nazioni dove ha ben figurato, nonostante il rosso ricevuto contro il Galles. Tuttavia un Kyle Sinckler rispolverato ha un valore assoluto sicuramente più alto di quello dello scozzese
Seconde linee
Maro Itoje - Inghilterra
James Ryan - Irlanda
Alun Wyn Jones - Galles
Tadhg Beirne - Irlanda
Iain Henderson - Irlanda
Johnny Gray - Scozia
Joe Launchbury - Inghilterra
Johnny Hill - Inghilterra
Per una maglia in seconda linea c’è una concorrenza allucinante. Diciamo che Gatland opterà per 5 seconde e 5 terze, con alcuni giocatori intercambiabili. Sia Beirne che Henderson possono disimpegnarsi in terza, così come Maro Itoje. Alun Wyn Jones rimane al momento il favorito per il capitanato, resta da vedere quanto in questo gruppo riuscirà ad essere davvero un membro del XV titolare. Gray è lo sfidante più credibile per rientrare nel lotto, Launchbury la wild card fra i ‘non attualmente internazionali’ citati in conferenza stampa
Terze linee
CJ Stander - Irlanda
Hamish Watson - Scozia
Taulupe Faletau - Galles
Justin Tipuric - Galles
Tom Curry - Inghilterra
Sam Simmonds - Inghilterra 🔻
Josh Navidi - Galles
Josh van der Flier - Irlanda 🔺
Jamie Ritchie - Scozia
Billy Vunipola - Inghilterra
Sam Underhill - Inghilterra
Altra situazione complicata è quella della terza linea, dove i nomi sono tanti e le maglie poche. I cinque posti disponibili sono occupati dai giocatori che meglio hanno interpretato gli ultimi mesi. Fra Tipuric e Navidi, entrambi componenti cruciali della terza linea gallese, potrebbe esserci un vero e proprio ballottaggio: il primo ha un workrate eccezionale e alcune caratteristiche uniche rispetto agli altri del lotto, il secondo è un numero 6 disposto a prendere e dar botte, un profilo che sembra adatto alla sfida agli Springboks. Simmonds paga la prestazione molto scialba contro il Leinster in Champions Cup, ma stiamo comunque parlando di un giocatore che ha incendiato ogni competizione in cui ha giocato. A Exeter è utilizzato però in maniera strategica, sfruttando ogni goccia del suo potenziale e creando situazioni ad hoc per lui, cosa che lo staff dei Lions non avrà forse tempo e modo di fare. Occhio a van der Flier: dopo il quarto di finale proprio contro Exeter quotazioni in netto rialzo
Mediani di mischia
Ben Youngs - Inghilterra
Kieran Hardy - Galles
Ali Price - Scozia
Conor Murray - Irlanda 🔺
Gareth Davies - Galles
La scelta del lotto dei numeri 9 è complessa per altre ragioni: nessuno dei protagonisti delle home unions ha particolarmente impressionato nel 2021, tanto da far convergere le opinioni su di lui. Youngs è stato probabilmente il più costante, Hardy la migliore novità , Price il più migliorato. Nel podcast Quindici abbiamo spesso sottolineato il precoce declino di Conor Murray, ma le sue ultime prestazioni con il Munster sono state in netta crescita. La sua esperienza e il suo kicking game potrebbero riportarlo nel gruppo molto presto
Mediani di apertura
Johnny Sexton - Irlanda
Owen Farrell - Inghilterra
Finn Russell - Scozia
Dan Biggar - Galles
George Ford - Inghilterra
Non sembrano esserci molti dubbi per quanto concerne la maglia numero 10. Anche se Johnny Sexton fatica a trovare la forma migliore e, soprattutto, a rimanere in campo (uscito prestissimo sia dalla finale di Pro14 che dal quarto di Champions) è impossibile pensare di lasciarlo in bacino di carenaggio. Farrell è il più quotato, però, per prendersi la maglia da titolare e per farlo da apertura piuttosto che da primo centro. Finn Russell ha fatto tutto il necessario per essere uno dei convocati: non è tanto il suo talento a metterlo davanti a Dan Biggar nella lista dei favoriti, quanto la maturità dimostrata nell’essersi messo al servizio di Gregor Townsend e della Scozia nell’ultimo anno e mezzo
Centri
Robbie Henshaw - Irlanda
Chris Harris - Scozia
Henry Slade - Inghilterra
George North - Galles
Garry Ringrose - Irlanda
Jonathan Davies - Galles
Manu Tuilagi - Inghilterra
Non ci sono dubbi: Henshaw e Harris hanno giocato un gigantesco Sei Nazioni e meritano riconoscimento per le loro prestazioni. A corredo dei loro nomi, la classe di Henry Slade e Garry Ringrose dovrebbe essere sufficiente a valer loro un posto sull’aereo, mentre la capacità di George North di ricoprire il ruolo di centro e ala è altrettanto utile. Questo lascia però un po’ scoperto il fronte numeri 12 (nel quale va annoverato anche Farrell, però): ecco perché non sono da dimenticare i nomi di Jonathan Davies e del redivivo Manu Tuilagi, che ritornerà da un infortunio proprio a ridosso delle convocazioni e potrebbe essere la mossa a sorpresa di Gatland, che ama i 12 sovradimensionati
Triangolo allargato
Hugo Keenan - Irlanda
Stuart Hogg - Scozia
Duhan van der Merwe - Scozia
Josh Adams - Galles
Anthony Watson - Inghilterra
Johnny May - Inghilterra
James Lowe - Irlanda
Liam Williams - Galles
Louis Rees-Zammit - Galles
Elliot Daly - Inghilterra
Reparto di grande concorrenza quello del triangolo allargato: Keenan e Hogg sono i due estremi più forti d’Europa al momento, con l’irlandese che ha anche superato lo scozzese nello scontro di coppa fra Leinster e Exeter.
Lo scozzese sudafricano van der Merwe è il giocatore che ha battuto più difensori nel Sei Nazioni, ma alcune sue disattenzioni difensive lo rendono la pedina più vulnerabile alle pressioni di un Liam Williams sempre utile, di un Rees-Zammit iper-talentuoso e di un Elliot Daly coltellino svizzero per eccellenza (13, 14 e 15)
Siamo ai saluti,
ci sentiamo per la prossima edizione sabato 1 maggio, a ridosso delle convocazioni.
Mi raccomando: passaparola!